Hostage, recensione del film con Bruce Willis in prima serata
Hostage
Guida TvNonostante il film non presenti una trama particolarmente innovativa, Siri riesce a dare profondità ai personaggi utilizzando un linguaggio narrativo che richiama i fumetti e i videogiochi.
Hostage, film del 2005 diretto da Florent Emilio Siri, vede Bruce Willis e Kevin Pollak come protagonisti. Prodotto in collaborazione tra Germania e Stati Uniti, il film ha una durata di 113 minuti e si basa sul romanzo omonimo di Robert Crais. La trama ruota attorno a Jeff Talley, un negoziatore di ostaggi della polizia di Los Angeles, interpretato da Willis, che decide di ritirarsi dal suo incarico dopo una missione fallita, in cui un rapimento si è trasformato in un massacro. Talley si trasferisce in una piccola cittadina californiana con la sua famiglia e assume il ruolo di capo della polizia locale.
La sua tranquillità viene interrotta quando tre delinquenti si barricano in una villa, prendendo in ostaggio il proprietario e i suoi figli. Parallelamente, Talley si trova sotto pressione a causa del rapimento della sua stessa famiglia da parte di uomini misteriosi, i quali lo costringono a gestire il caso e recuperare un misterioso oggetto nascosto all’interno della villa. In onda in seconda serata su Italia 1 l’11 settembre 2024 alle ore 23:02. Consulta la guida tv di stasera.
Lo stile visivo di Siri
Hostage si distingue non tanto per la trama, che rimane in linea con molti altri film del genere, quanto per l’impronta estetica e stilistica imposta da Florent Emilio Siri. Il regista francese, noto per il film Nido di Vespe, debutta nel cinema americano portando con sé una forte attenzione all’aspetto visivo. I titoli di testa, realizzati da Laurent Brett, e la prima sequenza, con un Bruce Willis trasandato e barbuto, comunicano subito l’intenzione di Siri di creare un film visivamente stilizzato, influenzato non solo dal cinema d’azione ma anche da elementi western, fumettistici e videoludici.
Le psicologie dei protagonisti, pur non seguendo i canoni tradizionali del cinema o della letteratura, risultano comunque curate e funzionali alla narrazione. Questo approccio si riflette anche nella parte finale del film, in cui la tensione visiva e narrativa raggiunge il suo apice in un’esplosione di violenza iperrealista, ricca di citazioni stilistiche.
Pur non rappresentando un punto di svolta nella storia del cinema, Hostage riesce a distinguersi grazie alla regia di Florent Emilio Siri, che dimostra un notevole talento visivo e una capacità di mescolare diversi linguaggi cinematografici. Bruce Willis, con la sua interpretazione intensa e credibile, sostiene l’intero film, mentre le dinamiche narrative, pur non rivoluzionarie, offrono momenti di autentica tensione. Il debutto americano di Siri lascia intravedere un potenziale che potrebbe esprimersi ancora meglio in future produzioni.
Il primo lavoro americano di Florent Siri, Hostage, soffre di quella che può essere definita la “sindrome Muccino”, caratterizzata da un eccessivo movimento della macchina da presa e dall’uso di una colonna sonora invadente, probabilmente nel tentativo di mascherare la difficoltà nel gestire le scene di raccordo e mantenere il ritmo narrativo. Questo approccio, tipico di registi insicuri, risulta invece lontano dalla maestria di cineasti come Clint Eastwood o Steven Spielberg, che non necessitano di tali artifici per mantenere la coerenza e la fluidità narrativa.
La pellicola, nonostante un’idea di base interessante, è penalizzata da una regia eccessivamente concentrata sull’estetica, al punto da non sfruttare appieno la presenza fisica di Bruce Willis, che appare spaesato e poco incisivo. Le scene d’azione sono caotiche e il finale, che cerca di coniugare un’estetica horror con l’azione, finisce per risultare ridicolo. Anche gli attori di supporto non offrono performance particolarmente rilevanti, lasciando il film privo di momenti realmente coinvolgenti.
Dettagli
- Emittente: Italia 1
- Aggiornato il: 11 Settembre 08:50
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